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E DOPO?

E dopo?

Queste penso siano le domande più spaventose che  possano essere poste ad una persona che sta per laurearsi, o neolaureata. Perché il “dopo” è quell’orrendo “Horror Vacui” che nessuno vuole affrontare, o meglio, che tutti si immaginano per anni. Fin da bambini al “da grande voglio fare…” la mente viaggiava e la fine della frase cambiava ogni giorno, e quel “dopo” non vedevamo l’ora che arrivasse, speranzosi di iniziare, buttarci e affrontare il mondo, ma ora che è arrivato? 

 

Quando avevo dieci anni, dopo aver visto una sfilata  di Armani in televisione, ho deciso di voler fare il fashion designer, idea permeata nel tempo fino al terzo  anno di università,  che ha condizionato la mia vita e le mie scelte scolastiche, professionali e personali. Tuttavia ora, in procinto di concludere il mio percorso accademico, ho messo in discussione tutto: sono nel limbo, non mi è chiaro chi vorrò essere e cosa vorrò fare dopo. Certo, dei punti fissi sono rimasti, ma ho rivalutato tutto, conoscendo e sperimentando durante gli anni trascorsi in accademia, “gli anni più belli delle  nostre vite” e sono giunto alla conclusione che so bene che la moda mi piace, che mi piace scrivere, ideare e tutto ciò che è creativo mi affascina, ma  alla domanda “e dopo?” non so cosa rispondere. 

 

È terribilmente drastico fare questo passo; forse la metropolitana londinese con il “mind the gap” si riferisce a questo, non tanto a quel piccolo spazio tra la banchina e il treno, dove, ammettiamolo, raramente qualcuno cade, a differenza del post laurea.  

La quantità di meme sull’argomento nei social non si contano. Effettivamente l’ironia aiuta ad affrontare le situazioni più spaventose e delicate, tuttavia, prima o poi,  il conto va pagato.  

Ma ragazzi, è una questione di coraggio, perché coraggioso è colui (o colei) che affronta le proprie paure, non chi non ne ha. In queste situazioni ritengo essenziale avere coraggio, perché l’ignoto è terrificante, ma può essere che le cose si prospettino al meglio. Nulla è perduto perché nulla è ancora iniziato, quindi forza e, come qualcuno mi disse: “testa alta che il mondo è bello”.  

 

Comprendo a pieno l’incertezza sulla scelta della strada da intraprendere, il peso delle aspettative altrui portato sulle proprie spalle, o l’ansia di aver studiato e  sudato e non dormito o aver dormito troppo ed essersi  stressati per anni, per poi mandare tutto a puttane.  

Scrivo questo come incoraggiamento, per sentirmi  meno solo, per non far sentire solo o sola chi è a questo punto nel gioco della vita e che sta leggendo le mie  parole; come una ‘pacca sulla spalla’ per darci forza,  perché sì, un periodo delle nostre vite è quasi finito e  un altro sta per iniziare. Dovremmo essere eccitati e  sognanti come tutti si immaginano, pronti a spiegare  le ali e prendere il volo, ma mettendoci la crisi, la pandemia e la difficoltà di base nell'essere assunti, le prospettive non sono delle più rosee.  

Ma tornando alle domande iniziali, la risposta potrebbe essere: “Ci penso costantemente”, perché effettivamente è un retro pensiero permanente, una Spada di Damocle pronta a caderci in testa: è impossibile ignorarla. Oppure un’altra risposta: “Non ne ho la più pallida idea”, perché in pochi hanno la certezza sul dopo, e credo sia normale e lecito in questo momento brancolare nel buio. Scoprire sé stessi è sempre magnifico, nuovo e interessante; sperimentare fa parte del gioco e chiarisce le idee.  

 

Non so effettivamente se servano delle risposte, probabilmente no, chi vivrà vedrà. Con queste parole non ho cercato di trovare delle soluzioni, nè di indorare la pillola, ma di mettere nero su bianco delle mie riflessioni, per sentirci meno soli. 

Agosto 2021

Gabriele Tasin
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