TO DEFINE IS TO LIMIT
"To define is to limit"; Definire è limitare. Da "The Picture of Dorian Gray" di Oscar Wilde.
Parafrasando, quando qualcosa viene definito, esso è confinato ai parametri della
definizione stessa. E di conseguenza, limitato.
Diciamo comunemente che "non si giudica un libro dalla copertina", ma è impossibile non
farlo. Classifichiamo le persone in base alla loro cittadinanza, identità di genere, sessualità e
affiliazione ad un partito politico. Generalmente pensiamo in termini di categorie che creiamo
in base alle nostre esperienze, tuttavia questo processo mentale è tanto chiarificatore
quanto semplicistico. Attualmente, questo catalogare, sta diventando sempre più incerto,
fluido, volatile e complesso. Le identità delle persone sono sfaccettate ed ogni individuo si
merita di essere riconosciuto per il carattere individuale piuttosto che sullo sfondo di
stereotipi.
La lotta alla discriminazione si sviluppa su più fronti: istituzioni pubbliche, associazioni e
organismi internazionali; essi sono chiamati ad affrontare gli effetti e le cause di un
fenomeno che danneggia gravemente la nostra vita comunitaria. Esistono leggi, trattati e
dichiarazioni che mirano a salvaguardare i diritti di coloro che possono essere esposti alla
discriminazione, dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani alle leggi specifiche di ogni
paese. Ciò nonostante, c’è sempre un’impressione di vacuità nell’affrontare l’argomento, un
senso di incoerenza e persino di inefficacia. Una caratteristica comune su cui si basano
molte delle politiche, sanzioni e altri rimedi alla discriminazione, è quella di non poter
affrontare il problema senza fare riferimento a categorie interminabili di coloro che possono
essere vittime di ciò. Le legislazioni attuali sono indotte a priorizzare i gruppi e gli individui la
cui identità è maggiormente oggetto di discriminazione, mostrando così una struttura
comportamentale simile proprio a quella che dà luogo alla suddetta.
Quasi un anno fa il senato italiano ha affossato la proposta di legge -Ddl Zan-, di
fondamentale importanza se si intende superare l’invisibilità, la stigmatizzazione e il
mancato riconoscimento dei diritti del collettivo LGBTQI+. Mentre in Spagna il codice penale,
dal 2014, considera aggravante (che accresce la responsabilità penale ndr) quando il reato
viene commesso in base all’orientamento sessuale o all’identità di genere della vittima. La
stessa normativa vieta espressamente la discriminazione sul lavoro e all’utilizzo dei servizi.
Inoltre, quest’anno è stato presentato il progetto di legge per uguaglianza reale ed effettiva
di persone trans e per la garanzia dei diritti LGTBQI+. Gli sforzi politici attuali spagnoli
mirano chiaramente a restituire un’uguaglianza violata; quando in Italia, purtroppo, si
applaude a questa grave mancanza.
La discriminazione è considerata un comportamento storicamente e socialmente appreso,
ereditato e riprodotto sistematicamente da secoli, tollerato e perpetuato dall’indifferenza,
dall’ignoranza e dalla convenienza di alcuni settori sociali privilegiati e più potenti. Ci vuole
tempo per superare secoli di discriminazione e pregiudizi; ed i governi (tra cui quello italiano)
ostacolano questo percorso giustificando le restrizioni alla libertà con considerazioni morali o
religiose. La democrazia riconosce invece il valore e l’uguaglianza dei diritti di tutti vietando
quindi la discriminazione. E se l’opinione pubblica è ostile, i governi hanno la responsabilità
di sensibilizzare ed educare il pubblico piuttosto che cercare di mettere a tacere le questioni.
Educare alla non discriminazione è un investimento a lungo termine: significa coltivare il
rispetto e la tolleranza, la disponibilità ad accettare e convivere con qualsiasi modo di
essere, di pensare e di agire, sviluppare le capacità per uscire da se stessi, vedere le cose
dal punto di vista dell’altro che è escluso, discriminato o minimizzato, per poter generare
empatia e solidarietà. Si tratta di trasformare gli atteggiamenti, di promuovere un
cambiamento nell’altro, di accettare e rispettare le differenze, di essere pronti ad alzare la
voce per difendere chi subisce un trattamento ingiusto o i cui diritti sono negati, di sapersi
umani con lo stesso coraggio e dignità.